lunedì 24 dicembre 2018

Festivi compresi






È la vigilia di Natale, presto. Tanto presto che il sole non ha ancora valicato il promontorio magico di Sestri Levante. È così presto che riesco ancora a rabbrividire per l’ultimo refolo notturno che scivola, timido, dalla collina di Santa Giulia. È probabile che oggi verrà giù ancora un po’ di macaja, ma ora l’aria è fresca e dolce.
Mi bevo il mio the e accendo la prima sigaretta della giornata. Non sono ancora le sette e fuori c’è silenzio assoluto. Il primo rumore che sento è l’accendersi di una piccola radio a transistor che una mano callosa ha poggiato sul davanzale della casa che ho di fronte. Si spande, come zucchero filato su una torta di mele calda, l’armonia di una canzone.
...sento fischiare sopra i tetti
un aeroplano che ne ne va…
Adriano Celentano, anni 60 o 70, boh, non mi ricordo. So solo, che ascoltandolo, la so a memoria. C’è qualcun altro che la sa a memoria; è la voce della stessa mano che ora sta lisciando una parete di una stanza che sta ristrutturando. Sta usando il frattasso: sta fratassando. Intonaco e musica: due armonie a me care.
Ora c’è un lieve intermezzo tra frattasso e musica. È lo sfrigolamento di una carta oliata che contiene un panino alla mortadella. Lo riconoscerei tra mille.
Inconfondibile, come la voce di Celentano.
Ora il mio amico muratore sta facendo colazione, mentre io scrivo due cose sul retro di un pacco di biscotti. Pensieri che stanno formando questo pensiero.
Chi, fuori da questo mattino di un giorno di festa, è al corrente di questo frattasso, di un panino con la mortadella, della sua carta oliata e della voce di Celentano?
Questa mattina, il quartiere Ripamare è altrove da qualsiasi ragionevole contemporaneità, è una specie di acquario, un micromondo isolato dall’universo da una lastra di vetro da dove nulla può trapelare. Una barchetta che, placidamente, caracolla sul mare che abbiamo davanti agli occhi. Ma, nella barca assieme a me, c’è un ragazzo che ha sì e no la metà dei miei anni e non dovrebbe conoscere questa canzone, né l’esistenza dello frattassamento, alla viglia di un giorno di festa. Accanto a lui, c’è un collega che ieri cantava a squarciagola Vola Colomba Bianca Vola, che ora si sta facendo una grassa risata.
Chissà perché.
Chissà per cosa.
Chissà quanti di noi sanno dell’esistenza di negozi che vendono radio a transistor, o frattasse o panini con la mortadella poggiati su carta oleata.
E ci sono anche ragazze che amano giovani muratori canterini: lo so perché odo squilli sincopati di cellulari e risatine e allegri prendingiro.
Ci sono sentimenti, oggetti, musiche che bastano a fare un universo clandestino, anoressico dalla contemporaneità.
Dio solo sa se non vorrei mettermi di fianco a loro per cantare quella colomba bianca che vola. Ma non lo faccio; non voglio ficcare la mano in quell’acquario che è perfetto così come è, ora che il sole troneggia sulla baia delle Favole. Voglio che questo piccolo miracolo di Ripamare se ne resti pace. Un piccolo segreto, così insignificante per chi mi guarda da lontano. Perché il segreto è viaggiare altrove, essere invisibile in quest’epoca infame assieme a un frattasso, una carta oleata e la voce di Adriano. E restare vivi, amare e essere amati e tirare avanti serenamente fino al prossimo ponteggio, al prossimo telaio di una finestra su cui poggiare una radiolina a transistor, alla prossima fragranza di un panino alla mortadella. Alla prossima stupida, vecchia canzonetta.
Fino alla prossima vigilia di Natale, perché i muratori a cottimo lavorano tutti i santi giorni che Dio manda sulla terra.
Festivi compresi...