Sergio Mattarella si
pulisce le scarpe sullo zerbino, dà un ultimo sguardo ai platani sul
Lungotevere e entra in casa. “Questa – pensa – è la casa del
Presidente della Repubblica”.
Prende il tè
fumante, fissa il poster di Gad Lerner e si accarezza, meditabondo,
il mento.
Come ogni giorno,
arriva il Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.
Anch’egli prende
il té fumante, fissa il poster di Fabio Fazio e si accarezza,
meditabondo, il mento.
I due amici si
osservano con rispettosa famigliarità. Poi Gentiloni si siede di
fianco a Mattarella e dice:
- Voi, Sergio,
vivete in una casa essenziale, ma dignitosa -.
- È vero, Paolo,
questa è la tipica casa di noi Presidenti: essenziale, ma dignitosa.
So benissimo che anche voi, Paolo, vivete in una casa essenziale, ma
dignitosa.
- Del resto, noi
siamo italiani -.
- Già, Paolo, siamo
italiani e viviamo in Italia in modo essenziale, ma dignitoso -.
I due amici bevono
insieme in té fumante e guardano una replica dei programmi
dell’accesso in bianco e nero.
Fuori cade una
leggera pioggia. A Ponente, il sole deposita una fredda striscia di
fuoco. Si odono, in lontananza, le note melanconiche di una canzone
di Gabriella Ferri.
Trascorsa qualche
ora, Paolo Gentiloni, rivolge nuovamente la parola all’amico.
- E la Boldrini?
- È di là che
cuoce la zuppa di fagioli e ascolta una cassetta di Pupo.
- Perché, Sergio,
ascoltiamo sempre musiche così meste?
- Perché Dio così
vuole, Paolo.
- Sempre sia lodato.
Passa il tempo,
l’immobile e sacro tempo in casa del Presidente della Repubblica.
Mangiano la zuppa di fagioli preparata dalla devota Boldrini.
Paolo passa un paio di ore a disegnare curve pigre con il cucchiaio
nella zuppa. In lontananza si avvertono urla di manifestanti e spari
delle forze dell’ordine.
- Che cosa sta
succedendo là fuori?
- Sia fatta la Sua
volontà.
- Ora e sempre.
Verso mezzanotte
Paolo Gentiloni doveva rincasare.
- Io devo rincasare,
Sergio. Che faremo domani?
- Vengo io da te,
Paolo.
- È mercoledì:
passato di cavolo nero. Giusto?
- No. Domani vorrei
una vellutata di piselli.
- Vellutata di
piselli?
- Vellutata di
piselli.
- Ma che novità è mai questa?
- Ogni tanto dobbiamo trasgredire, Sergio. Non senti il subbuglio della nostra gente? Vogliono il cambiamento!
- Giusto! E noi gli diamo il cambiamento.
- ...
- Ma non sarà mica un po' troppo?
- No, dobbiamo portare avanti la nostra linea, che diamine!
- Bene -.
- Bene -.
- Allora, domani, vellutata di piselli -.
- Vellutata di piselli -.
-...
-...
- E chi lo dice ora alla Boldrini? -.
- Ci penseremo domani. Dobbiamo prima prepararla al cambiamento -.
- Giusto -.
- Giusto -.
- Ma che novità è mai questa?
- Ogni tanto dobbiamo trasgredire, Sergio. Non senti il subbuglio della nostra gente? Vogliono il cambiamento!
- Giusto! E noi gli diamo il cambiamento.
- ...
- Ma non sarà mica un po' troppo?
- No, dobbiamo portare avanti la nostra linea, che diamine!
- Bene -.
- Bene -.
- Allora, domani, vellutata di piselli -.
- Vellutata di piselli -.
-...
-...
- E chi lo dice ora alla Boldrini? -.
- Ci penseremo domani. Dobbiamo prima prepararla al cambiamento -.
- Giusto -.
- Giusto -.
Paolo meditò
qualche istante sulle parole dell’amico Sergio. Era già sulla
soglia di casa, quando, stringendogli la mano, gli rivolse le parole
di commiato, le stesse di ogni sera.
- Perché Sergio,
dobbiamo romperci i coglioni tutti i giorni in questo modo?
- Perché Dio ha
voluto che così fosse.
- Dio sia benedetto.
Paolo si avvia verso casa guidato dalla nenia di una canzone di Franco Battiato.
Così è finita la
giornata dei due Presidenti...