Forse
è meglio cambiare la nostra ottica. Sarebbe ora di trasformare la
famosa angoscia del futuro in una sana – e più saggia – paura
del presente. I fantasmi di cui parliamo oggi, sono sotto i nostri
occhi.
Sui
treni nessuno si può sentire sicuro, men che meno i controllori,
picchiati crudelmente con feroce puntualità da risme di
delinquentelli di tutte le età, razze e religioni.
A
scuola pseudo-gang e simil-bulli si divertono a spaccare gli
arredamenti (e le facce dei professori) per il solo gusto di
accumulare contatti su Internet. In passato qualche pugno e calcio è
toccato ad un ragazzo diversamente abile (e non immaginate nemmeno
quanti click si è meritato).
Preti
che abbordano ragazzini e spacciano cocaina, fregandosene bellamente
di inoculargli l’Aids.
A
Brescia padre e figlio spezzano il collo ad una ragazza di 25 anni,
rea di aver detto no ad un matrimonio combinato.
A
Roma, disabili e baristi pestati perché rei di lesa maestà nei
confronti delle famiglie che comandano il quartiere.
Delle
donne uccise da un amore malato, oramai abbiamo perso i conto.
A
questo aggiungiamo il non trascurabile particolare del continuo -
noioso - vociare tra istituzioni e giudici, tra giornalisti e
politica, tra forze dell’ordine e avvocati, tra Cassano e il suo
procuratore.
La
felice Italia, di cui si è abbondantemente scritto in passato, ha
felicemente partorito i suoi agghiaccianti figli.
Che
cosa possiamo fare, adesso?
Non
lo so, e nessuno può dirlo con precisione, nemmeno Morelli o Crepet.
Ma
c’è almeno una cosa che possiamo fare da subito: smetterla di
scrutare l’orizzonte con aria pensosa e preoccupata.
Guardare
fuori dai portoni, davanti alle nostre auto, all’interno delle
nostre scuole, tra i palazzi delegati ad ospitare le più alte
istituzioni.
Il
futuro, amici miei, è già arrivato. Ha la testa vuota e le mani
pesanti.
E
ha fretta di farsi conoscere...
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