Destra,
sinistra e Cinque Stelle hanno ragione: il giornalismo politico,
almeno in Italia, è pettegolo, approssimativo, spesso fazioso, quasi
sempre inutile.
D'altro
canto nemmeno Toqueville riuscirebbe a scrivere articoli epocali ogni
giorno, soprattutto rubando mezze frasi nei ristoranti frequentati da
politici, nei locali che ospitano parlamentari, rubacchiando due
righe nei tabulati telefonici. Di più: nella maggior parte delle
occasioni, i giornalisti se ne stanno comodamente seduti al desk,
facendo il refresh alle ultime notizie delle agenzie di stampa. Segue
il classico pastone con le notizie che si ritiene più succulente.
Ma
il problema – se questo stato di cose si può catalogare nella
categoria “problemi” - non interessa solo la politica. Spesso
anche i calciatori si lamentano per un caso “montato ad arte”,
così come attori, cantanti e tronisti denunciano la vita impossibile
che sono costretti a vivere a causa di paparazzi e giornalisti un po'
troppo appiccicosi. D'altronde bisogna anche ammettere che senza i
giornalisti e le prime pagine, difficilmente le categorie
sopraelencate (politici, calciatori, tronisti) riuscirebbe a condurre
la vita dorata che i cronisti raccontano ogni giorno. Gli uni ostaggi
degli altri: un'arma a doppio taglio a causa della quale non si
capisce più chi è ostaggio di chi.
Un
rimedio c'è, ma è improponibile: basterebbe ammettere che non
sempre, almeno non ogni giorno, si ha qualcosa a dichiarare e
conseguentemente costringere i cronisti a recarsi dai propri
direttori per proporre un triste “nulla di notiziabile”.
Ci
sono giorni che la vera notizia è il silenzio: la pagina vuota,
terrore di tutti gli operatori dell'informazione. Una sorta di
“giorno bianco”, utile per ricaricare le pile e per fare
stagionare pensieri e parole. Ma è utopia, non-senso alla stato
puro, soprattutto nell'era della quantità, dove l'assenza è vista
come una colpa. Così, quotidianamente, giornalisti, politici, nani e
ballerine, producono parole per puro horror vacui.
Chilometri
di inchiostro per paura che il vuoto ci inghiotta. Proprio quel vuoto
che potrebbe salvarci...
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